Il vero problema dell’AI in azienda? Non è la (super)tecnologia, ma il vuoto di regia che spesso la circonda.

L’intelligenza artificiale tra visione, metodo e governance: dove finisce la tecnologia e inizia la conoscenza

Tutto è iniziato con una domanda emersa dopo la lettura di un articolo dell’Ente Nazionale per l’Intelligenza Artificiale (E.N.I.A.) dedicato al tema dell’antiriciclaggio nelle banche italiane.
Il contributo di Fabrizio Vedana, pubblicato su ItaliaOggi, ha messo in luce una contraddizione che attraversa non solo il mondo finanziario, ma l’intero panorama aziendale italiano: l’AI è diffusa come tecnologia, ma raramente come strategia.

Molte imprese – come rileva ENIA – sperimentano strumenti di machine learning e natural language processing, ma senza una regia unitaria. Gli algoritmi vengono testati, ma non integrati. Le potenzialità sono note, ma restano inespresse.
Eppure, è proprio la differenza tra “usare” e “governare” l’AI a determinare il successo di un progetto.

In AIM conosciamo bene questa dinamica. Da tempo lavoriamo con reti neurali e modelli predittivi su progetti che spaziano dall’automazione documentale al supporto decisionale, dall’analisi antifrode alla prioritizzazione intelligente.
Ma l’esperienza ci ha insegnato che il valore dell’AI non sta nella potenza dei modelli, bensì nella chiarezza del metodo con cui vengono progettati, addestrati e gestiti.
Come sottolinea Roberto Dalle Mura, IT Manager di AIM,

Roberto Dalle Mura

“qualsiasi tecnologia, per portare risultati duraturi, deve essere gestita, monitorata e instradata.
L’AI è una super-tecnologia, ma troppo spesso viene lasciata alla sensibilità del singolo operatore, senza una regia o una strategia condivisa.”

Dal laboratorio alla pratica: dove inciampa l’adozione

L’analisi di ENIA trova conferma nella realtà che osserviamo ogni giorno:
molte aziende avviano progetti pilota che non diventano mai processi consolidati.
I motivi? Tre, quasi sempre gli stessi:

  1. Assenza di visione strategica

    Senza una direzione top-down, l’AI rimane sperimentale.
I risultati sono isolati, difficili da misurare e non scalabili.
  2. AI come leva potenziale, ma non reale

    L’innovazione resta confinata ai margini dei processi.
Il passaggio da “idea” a “core operativo” è la sfida più grande.
  3. Disallineamento tra persone e organizzazioni

    Fenomeni di shadow AI nascono quando l’iniziativa individuale supera le policy aziendali.
È un segnale di vitalità, ma va incanalato, non represso.

 

AI governance: la nostra risposta

In AIM consideriamo l’adozione dell’AI come una questione di architettura, non di hype. L’intelligenza, infatti, non risiede solo nei modelli, ma nel contesto che li governa.

Per questo costruiamo sistemi ibridi in cui regole deterministiche e reti neurali collaborano:
“La vera forza dell’AI – spiega Dalle Mura – nasce quando regole, modelli e dati cooperano:
le prime garantiscono affidabilità, i secondi riconoscono pattern che le regole da sole non vedrebbero, i terzi definiscono i sistemi decisionali”

Questo approccio parte da una logica di integrazione strutturata:

  • Ingestion e pre-processing → dati normalizzati e pronti all’analisi.
  • Inference ML → modelli di OCR, NLP e anomaly detection per flussi reali.
  • Rule engine → regole, soglie e vincoli di conformità.
  • Orchestrazione e integrazione → sincronizzazione con ERP e CRM.
  • Osservabilità → metriche di accuratezza, drift e audit log.

Questo modello consente di sfruttare AI predittiva e generativa in modo complementare:
la prima filtra e prevede, la seconda interpreta e arricchisce.

Governare l’intelligenza: il valore umano

Come ricorda anche la Banca d’Italia, l’intelligenza artificiale non può essere una “black box”: serve controllo umano, verificabilità, supervisione costante.
In AIM traduciamo questo principio in una pratica di human-in-the-loop, in cui ogni decisione automatica può essere spiegata, tracciata e, se necessario, corretta.

  • Data governance: qualità, lineage e versioning.
  • MLOps e compliance: retraining e auditing continuo.
  • Intervento umano: supervisione nei casi ambigui, con possibilità di override.

Dall’hype alla regia

In questa ottica ci sentiamo di affermare con decisione che l’AI non è un progetto, ma un programma di governance e visione. E la differenza non la fanno gli algoritmi, ma le persone e i processi che li guidano.

Come conclude Dalle Mura:
“Un progetto AI non fallisce per limiti tecnici, ma per mancanza di regia.”

Ed è proprio questa regia, fatta di metodo, architettura e controllo, che AIM porta ogni giorno nei progetti dei suoi clienti.